Pagina Facebook

giovedì 21 dicembre 2017

Il libro della Natura

Da qualche tempo ho cominciato a camminare in alcune frazioni del territorio in cui vivo. In precedenza, da cinque anni a questa parte, ho camminato molto (intendo, sempre nel territorio in cui vivo, tralasciando i miei viaggi) ma sempre sullo stesso tragitto, sulle orme della comunità metodista che entra ed esce ad intermittenza nella mia vita: il tragitto mi ha portato infinite volte nel Comune limitrofo, prima a casa di una delle sorelle della comunità, poi eventualmente, se qualcuno non mi portava in auto, fino alla chiesa, luogo d’incontro e di culto della piccolissima comunità, e in questo prolungamento il cammino quasi si raddoppiava di passi e di minuti. Ho cominciato questo percorso quasi per caso, quando ho ricominciato a frequentare la comunità, che prima però raggiungevo in automobile: avendola nel frattempo persa, quando ho sentito molto forte il bisogno di tornare al culto non ho fatto molti calcoli di convenienza: pur sapendo quanto fosse distante la chiesetta (saranno almeno 7 kilometri da casa mia) non ho esitato un attimo, quel pomeriggio di gennaio, a percorrere il tragitto a piedi, imbacuccato (ma meno male che amo il freddo e detesto l’estate) e felice per la comunità ritrovata; il mio unico cruccio è che probabilmente sarei arrivato in ritardo, visto che non sono molto capace di calcolare i tempi (calcolare mi confonde la mente e mi fa fare solo pasticci), ma quel giorno i miei calcoli erano giusti al pelo e arrivai giusto in tempo per il culto. Venni accolto con gioia e un po’ di stupore (anche se avevo annunciato la mia venuta), e il resto è la storia dei miei successivi tre anni e mezzo: due ore giuste di cammino almeno una volta alla settimana per andare a trovare Ofelia (una all’andata e una al ritorno), la sorella anziana della comunità che più mi si è affezionata, e spesso altri tre quarti d’ora per raggiungere la chiesetta, diciamo una volta al mese (perché spesso, come ho detto, qualcuno mi portava in macchina). Ora continuano le mie visite ad Ofelia, pur non frequentando più la chiesetta, ma è subentrata una certa stanchezza di quel percorso, che ora faccio perlopiù in autobus.



Temevo che questo cambiamento avrebbe influito sul pochissimo esercizio fisico che faccio, ed effettivamente per un certo periodo ho camminato pochissimo, ma ultimamente ho ripreso a camminare con una certa lena, trovando nuovi percorsi e nuovi stimoli, com’è giusto. Il mio allontanamento dalla comunità valdese e metodista mi ha certamente chiuso in me stesso, reso ancora più solipsista di prima, però mi ha fatto scoprire (o piuttosto recuperare da un fondo dell’anima, probabilmente comune al genere umano tutto) nuovi sentieri e nuove sensibilità spirituali; nuovi per me, ovviamente, dato che nuovi non sono affatto, bensì vecchi come il mondo, più vecchi ancora del genere umano. Il mio avvicinamento alla sensibilità neopagana mi ha fatto scoprire una spiritualità della Natura che non avevo prima d’allora mai “assaggiato”, io che sono capace di rimanere 12 ore di fila e anche più davanti a un computer, o seduto in poltrona, comunque al caldo confortevole di una stanza da letto, per quanto sporca e disordinata. Qualche giorno fa un’amica mi ha detto che, più approfondirò la conoscenza e l’intimità con la Natura, più essa mi cambierà e mi renderà migliore, donandomi numerosi benefici. Alla scuola della Natura credo di essere arrivato più o meno al secondo anno dell’asilo: le mie ultime passeggiate stanno tentando di ristabilire (o di stabilire quasi dal nulla) il mio legame con la Natura, ma i miei primi passi sono molto timidi e le mie conoscenze di animali, piante etc. estremamente limitate. Il fatto di vivere praticamente in campagna è un forte incentivo, ma al pensiero, forse non del tutto balzano, di dover gestire in futuro degli animali, un orto etc. (tutte cose lontanissime dal mio presente ma che potrebbero appunto far parte del mio futuro, delle alternative percorribili) ancora mi spaventa molto, pur essendo conscio che sarebbe la Via maestra per entrare veramente in contatto con la Natura e imparare da lei. Per ora sto leggendo molto a tema, cercando nel contempo di osservare il più possibile stagioni, animali, piante, alture, prati. Forse il mio vecchio sogno di abitare in una grande città lo dovrò abbandonare, ma non tanto questo mi spaventa, quanto la mancanza di vere radici campagnole, contadine.



Che fare? Per ora, semplicemente camminare, osservare, studiare, tentando di cambiare l’unica realtà che posso davvero modificare: me stesso. Nelle strade sporche di ghiaccio dell’inverno, nella lingua di una pecora che ti dà il benvenuto, nella chiesetta in cima a una collina, nella casa isolata con l’orto e il cane stanno certamente molti segreti, che fino a poco tempo fa nemmeno immaginavo. Anche questo è cammino, e dei più esaltanti.

Giacomo Tessaro


 

mercoledì 22 novembre 2017

Sulla manipolazione, note dopo una notte insonne

Non mi ricordo quando mi sono reso conto di essere stato molto manipolato da bambino: questa consapevolezza è semplicemente parte del cammino che sto percorrendo da qualche anno. Ora sono molto più attento ai manipolatori e alle manipolatrici, ma se non è facile (almeno per me) rendermene conto in un tempo ragionevole ora che vado per i quaranta, immaginiamoci in età infantile e adolescenziale. Qui vorrei però, a seguito di una “illuminazione” notturna, accennare a un ambito, che mi ha accompagnato per tutto il mio cammino, nel quale le manipolazioni forse sono cosa abituale: l’ambito cristiano, anche quello “liberale”, lontano dal fondamentalismo (che conosco più per letture fatte che per frequentazioni). Poco fa mi è venuto da pensare a tutta una serie di persone da me incontrate in ambito cristiano che, ognuna a modo suo, ha tentato di manipolarmi per farmi fare quello che loro desideravano, ovvero per realizzare il loro sogno di chiesa e di comunità.



Perché hanno scelto me? (Ennesima parentesi: volendo fare un discorso minimamente generale, escludo, per le stesse ragioni di cui sopra, altri ambiti religiosi, che non conosco dall’interno, e l’ambito unitariano, che conosco bene ma che è peculiare e distinto da quello cristiano) Per la mia giovane età, per la mia ingenuità? Certamente sì… ma sicuramente queste persone percepivano qualcos’altro in me, subito, a pelle: potremmo definirla la voglia di darsi da fare, di essere utile, oltre alla personale disponibilità, soprattutto all’ascolto. A dire il vero, io entravo nelle comunità valdesi desideroso di trovare compagnia e approfondimento del cristianesimo: non immaginavo che, attorno, ronzassero mosconi i cui scopi erano a volte poco chiari, a volte espliciti, ma quasi sempre riconducibili a uno scopo fondamentale: dirigere altre persone per far loro fare i loro comodi, più o meno mascherati da evangelizzazione, da aiuto, da guida spirituale etc. Sono sempre stato lieto di incontrarle e ascoltarle: non era per questo che avevo varcato la porta delle varie comunità? Uscire dal mio isolamento, trovare un nuovo scopo nella vita dopo il fallimento dell’università? La comunità, in ambito spirituale, è importante, non allo stesso modo per tutti e tutte, ma ne è componente fondamentale: anche adesso che ho iniziato un cammino molto personale, non posso sempre prescindere da un confronto con una comunità. Ho sempre ascoltato volentieri chiunque si avvicinasse a me in questo ambito, anzi, ero io ad andare a cercare gli altri.

Ma queste persone non erano parte integrante delle comunità valdesi, al contrario, stavano quasi sempre ai margini: chi faceva parte di Chiese più conservatrici, chi era emarginato già di suo, come stile di vita, chi si era avvicinato da poco ma voleva conservare la sua autonomia di fede e di pensiero, chi veniva da altre realtà cristiane e lottava per integrarsi nel nuovo ambiente, chi era ben integrato ma tenuto sotto controllo dai “superiori” per il suo stile peculiare e poco ortodosso di predicazione e di azione. Tutti costoro avevano la loro idea di chiesa e di comunità e, chi in un modo chi in un altro, cercavano qualcuno che potesse aiutarli ad attuarla. Non certo che non fossero animati da eccellenti propositi, non lo metto in dubbio, ma guai a cercare di sottrarsi alle loro idee di chiesa e di comunità, quasi sempre estranee allo stesso ambiente valdese, che infatti li teneva ben distanti. Un tasto su cui pigiavano molto era quello dell’evangelizzazione, un concetto con cui ho lottato abbastanza a lungo, a volte da solo, a volte con una di queste persone, molto determinata a farmi uscire dalla mia introversione. Per alcune di loro, l’evangelizzazione era tutto, superando in zelo (almeno a parole) quasi tutti i valdesi d’Italia e del mondo. Zelo che non mi è mai penetrato nella pelle… a parole anch’io ho auspicato l’evangelizzazione di fronte alla comunità: ora sono lieto di essermi sbarazzato di fisime del genere (le quali non possono che produrre lacerazioni nella mente di un introverso), pur rimanendo pronto a dare testimonianza della mia fede personale se richiesto.  

 

Cosa è rimasto di tutto questo? Poco o nulla, per fortuna: poco o nulla, perché di tali persone mi sono sbarazzato piuttosto in fretta, oppure si sono messe l’anima in pace (sbarazzandosi loro per prime delle loro personali fisime), mantenendo rapporti più che cordiali con me; per fortuna, perché così, nel ricordo, mi tormenteranno meno. Restano comunque gli insegnamenti che queste persone mi hanno dato, pur nei loro evidenti difetti. Anche il senso di umiliazione si è quasi del tutto dissolto: certo, ho vissuto profondi scoramenti, ma questo è avvenuto nell’ambito che più di tutti mi è congeniale: quello religioso. Volenti o nolenti, hanno rafforzato la mia fede e il mio cammino ne è risultato arricchito.

Giacomo Tessaro  

domenica 5 novembre 2017

Invocazione al Vuoto



Vieni o Vuoto e svuotaci
da ogni dogma che divide
da ogni dottrina che discrimina.

Vieni o Vuoto e svuotaci
da ogni concetto che chiude
da ogni ideologia che ingabbia.

Vieni o Vuoto e svuotaci
da ogni impeto di arroganza
da ogni sentimento di superbia.

Vieni o Vuoto e svuotaci
da ogni certezza che esclude
da ogni sicurezza che scaccia.

Vieni o Vuoto e svuotaci
da ogni tentazione umana
da ogni schiavitù materiale.

Vieni o Vuoto e svuotaci
da ogni turbamento emotivo
da ogni depressione mentale.

Ma vieni o Vita e riempici
di una luce senza tenebre
di un calore senza confini.

E vieni o Vita e riempici
di compassione il cuore
di fede, di speranza, di amore.


Ian McCarthy

giovedì 26 ottobre 2017

Yallah! En route... Parte seconda

Il cammino della vita
non è certo solo metaforico.
C’è chi si vanta
di aver frequentato un’antica università:
quella della strada.

Io preferisco i sentieri,
quelli battuti dai pellegrini
o dai montanari,
che salgono piano in vetta
o portano in un luogo desiderato.
Anche se la strada è piana
non è detto che non sia accidentata
o che non ti possa portare in cima.

Non smetterò di camminare
nemmeno quando le gambe non mi reggeranno più:
allora saranno i sogni e il cuore a portarmi lontano.

Giacomo Tessaro

martedì 3 ottobre 2017

Yallah! En route...

Spesso si sente parlare dei benefici dell’esercizio fisico, partendo dai semplici correre e camminare, anche senza fare sport vero e proprio. Non ho mai digerito gli sport di squadra: non ho mai imparato a giocare decentemente a calcio, per quante volte ci abbia provato; di calci a un pallone ne ho tirati veramente tanti dai 10 ai 13 anni circa, e anche successivamente ci ho provato più volte, ma con scarsissimi risultati. La pallavolo è sempre stata un supplizio per me, uno sport per il quale non ho nessuna affinità, e che dolore terribile ai polsi quando battevo la palla! Ho giocato diversi anni a minibasket, che in un certo senso mi piaceva (anche se all’epoca non avevo certo chiaro cosa mi piacesse e cosa no), ma era difficile legare con gli altri bambini, desiderosi di vincere e di farsi notare, io così goffo che alla fine non ho imparato nulla del gioco.

Dopo la fine del liceo ho abbandonato qualsiasi tipo di attività sportiva, anche lo sci, che pure ho amato molto (all’epoca, 17 anni, preferivo uscire il sabato sera: come mi sono pentito di quella scelta...), e l’alpinismo, salvo sporadiche uscite: difficile trovare qualcuno con cui andare in montagna, che sia spesso disponibile, abbia l’automobile, sia paziente… Tante volte avrei voluto iscrivermi al CAI, ma le mie difficoltà con l’ambiente in cui vivo me l’hanno sempre impedito. Così, qualche anno fa, approfittando di alcuni casi fortuiti, ho preso a camminare molto in un contesto urbano o semiurbano, per andare a trovare un’anziana signora in un Comune limitrofo al mio, ma anche a Milano e Torino, spesso, invece di prendere i mezzi pubblici, amo camminare, magari munito di una cartina, libero, con un rischio molto remoto di incontrare qualcuno che faccia parte della mia vita precedente, quella di prima di Internet.



Thich Nhat Hanh ha scritto pagine stupende sul camminare in consapevolezza, parte integrante della sua proposta spirituale; da tanto tempo desidero seguirlo, in questa come in altre cose, ma la mia difficoltà a seguire proposte strutturate in maniera costante me l’ha sempre impedito, perciò cerco di avvicinarmi alla meditazione camminata a modo mio, una volta questo aspetto e una volta quell’altro (in particolare, l’osservazione di quanto mi circonda lungo la strada), cercando di abbandonare la frenesia nel raggiungere un obiettivo qualsiasi: sì, perché di mio cammino molto, molto velocemente, anzi il mio passo è una via di mezzo tra la camminata e la corsa; non di rado rischio di travolgere qualcuno lungo la strada e che irritazione quando trovo davanti a me delle persone che camminano lentamente! Tutto questo certo mi dà l’idea di quanto sia lontano dall’ideale di Thich Nhat Hanh, ma di per sé il camminare è esercizio molto più salutare per il corpo e l’anima delle serate nei locali che tanto piacciono agli estroversi e che tanti fobici invidiano, non si sa bene il perché. Sviluppare la consapevolezza mentre si cammina (osservare il passo, il respiro, il battito del cuore, il paesaggio attorno (anche se può essere orrendo), la gente che condivide il marciapiede) credo possa essere un ottimo antidoto contro la tentazione a vivere in modo estroverso, un ottimo esercizio per delle talpe introverse. Non credo serva buttarsi subito sul Cammino di Santiago, basta davvero poco per iniziare, scegliere un itinerario, magari per osservare meglio qualcosa che ci è sempre sfuggito, scacciare la pigrizia, prendere una mattina e partire… tanto, non ci aspetta certo il Sahara!



Enorme è la conoscenza che si può acquisire camminando, la strada della vita non è solo metaforica. Attualmente una delle mie più grandi aspirazioni è camminare regolarmente nei boschi, un sogno così semplice e a portata di mano (tanto più che ho un bosco dietro casa), eppure ancora ben lontano dall’essere realizzato. Ho ancora parecchia strada da fare, ma questo non mi spaventa più come un tempo. Yallah! En route...

Giacomo Tessaro

venerdì 22 settembre 2017

Un luogo di crescita e amicizia

Riflessioni pubblicate sul sito del Progetto Gionata – Fede e omosessualità

Cominciare un lavoro, un’attività, entrare in un progetto perché si vuole essere utili e saggiare le proprie competenze e capacità, poi, in quello stesso ambito, trovare amicizie profonde che ti permettono di vivere esperienze impensabili: è quello che è successo a me entrando a far parte del Progetto Gionata. Dapprima pensavo mi sarei limitato a fare qualche traduzione per persone distanti, da sentire solo via email, incapaci di capire veramente chi fossi e quali aspettative mi animavano. Poi, un giorno o una notte, tormentato dai sensi di colpa nei confronti della vita che allora mi laceravano (e che da alcune persone sono stati mal interpretati), mi sono sfogato con Nucenze, quello che, scherzosamente ma non troppo, amo chiamare il Motore Iperattivo di Gionata. Pensavo che quelle mie parole fossero state inopportune o fuori luogo, invece Nucenze ne rimase colpito: credo che la nostra amicizia sia iniziata in quel momento.



Gionata per me non è stato solo un luogo dove leggere notizie interessanti ed esercitarmi nella traduzione e non solo un modo come un altro per fare volontariato: negli ultimi mesi, dopo il mio distacco dalla comunità di fede che ho frequentato negli ultimi quattro anni, mi sono reso conto di quanto il Progetto sia parte integrante del mio cammino spirituale, pur trovandomi da sempre assai lontano dalla religiosità e dalla mentalità cattoliche e facendo fatica a capire cosa tenga legate tante persone a quel mondo, che in linea di massima tende a respingerle perché “sbagliate”. Ma essere addentro a Gionata, ricevere tante notizie e riflessioni ha contribuito ad abbattere molte diffidenze verso quel mondo cattolico, che mi sa ancora tanto di famiglia patriarcale e paternalista, pur avendo donato al mondo tante amici e amiche di Dio, tante idee da cui mi sforzo di imparare nonostante la mia allergia per i dogmi e i concili…

Gionata, dicevo, come luogo di crescita nella fede e di amicizia: il culmine di questo cammino di amicizia sono stati i due viaggi in Toscana, ospite di Nucenze e Carlo. Non è stato sempre tutto facile, per via della mia forte introversione e dei miei comportamenti “bizzarri”, il mio incontro con il gruppo Kairòs e la CVX di Santiago del Cile non è stato francamente dei più felici, la festicciola alla fine della "conferenza" mi ha destabilizzato e non poco, riportandomi indietro ai momenti più bui dell'adolescenza; però, al di là di tutto questo, a contatto con la vita quotidiana della persona che mi ha accolto e capito tante volte, del suo compagno, a contatto con un ambiente nuovo e quasi sconosciuto, seppure per pochi giorni, le dimostrazioni di amicizia che mi hanno spinto a una ancora maggiore responsabilità di fronte al Progetto e al mio ruolo al suo interno, i discorsi e le chiacchierate, mi hanno fatto capire di essere amato e apprezzato per quello che sono, cosa nient’affatto scontata nel passato, persino nella mia stessa famiglia. Attraversare il Chianti, camminare per Fiesole o San Gimignano, visitare un’antica abbazia abbandonata, accompagnati da un custode ciarliero dalla schietta parlata toscana: sono stati punti tra i più alti del mio cammino di vita degli ultimi anni, parte ineludibile del mio itinerario spirituale, forse più di tanti libri edificanti e culti con Santa Cena.



Se Gionata è stato un punto fermo negli ultimi anni, con alcuni momenti di stanca ma con continuità, se ancora non mi sono affatto stufato di far parte di questo mondo, evidentemente in esso ci sono dei tesori che non ho ancora sfruttato a pieno: penso, per esempio, ai tanti volontari e volontarie con cui ho un rapporto meno che sporadico e che potrebbero essere amici e amiche; purtroppo ancora tanta zavorra mi impedisce di essere parte più attiva del lato umano e amicale del Progetto. Credo però di avere ancora molto tempo dinnanzi a me, tempo per crescere ulteriormente con Gionata, senza mai la presunzione di sentirmi finalmente alla fine e al culmine del percorso.

Giacomo Tessaro

martedì 5 settembre 2017

La rentrée

In questo Internet, che per molti versi è il regno dell’effimero, aggiornare regolarmente un blog sembra un’impresa da eroi, anche per qualcuno meno pigro e più inquadrato di me. Quanti blog che ho visto fiorire, magari con decine di post al mese, e poi repentinamente disseccarsi: per incostanza, perché l’autore ha altro per la testa, perché non ha più niente da dire? Quest’ultima ipotesi mi sembra la meno probabile e la meno comune; credo che in molti casi l’impegno di narrare e narrarsi, che a un dato istante e per un certo periodo aveva preso la forma del blog, abbia poi cambiato incarnazione, magari semplicemente un altro blog, con un altro indirizzo, un’altra veste grafica e il tiro modificato.

Penso che una delle cose peggiori dei blog, peggio di questa incostanza universale, sia l’oblio che li avvolge quando, per esempio, la piattaforma cessa di esistere o il proprietario cancella il blog: un oblio che risucchia pensieri, sentimenti, recensioni, sfoghi, glitter faticosi da caricare… sono un accumulatore e un conservatore (di cose, non di idee) fanatico e non posso sopportare che miliardi di post vengano mangiati dal Nulla, perché, per quanto banali e volgari molti di essi siano (stati), hanno comunque significato qualcosa per l’universo soggettivo di chi li ha scritti, che poi è la cosa che veramente conta, soprattutto per noi introversi: non tanto ciò che ci succede, ma come lo filtriamo con il cuore e con la mente; pezzi di vita e brandelli di sentimenti a cui, se non altro, si può guardare a distanza di anni come in un museo.

Non sono mai stato un accanito lettore di blog: ogni tanto ci capito seguendo il filo di un argomento che mi interessa e magari ci resto a lungo, perché quel blog ha molto da dirmi. Avrei voluto (molti anni fa) essere un autore di blog, ma uno di quelli assidui e che scrivono cose molto intelligenti. Molto più incostante di quanto sono ora, il progetto blog non è mai andato oltre una decina di post, scritti oltretutto con una certa fatica. Un annetto fa Enemyofthesun mi propose di scrivere un blog insieme: come potete vedere dalle date, forse in dieci anni che provo a scrivere blog, non ho fatto quei gran progressi. Forse scrivo un po’ più intelligentemente, ma il tempo passa per tutti e inevitabilmente si matura, anche se sei fobico e timido. A mia discolpa posso dire che, rispetto a nove-dieci anni fa, sono infinitamente più preso da progetti vari e la scrittura la coltivo in altri modi. Ma non vorrei che questo progetto-blog languisse: non vorrei che la fobia sul Web si riducesse ai soliti gruppi e fora, che sciorinano più o meno gli stessi temi di anno in anno, non di rado con le stesse identiche parole. Vorrei dare il mio contributo per variare il discorso sulla fobia e l’introversione, per mostrare che sono quello che sono, ma possono essere anche altre cose e che c’è modo e modo di essere fobici, introversi e timidi.

Io ci provo. Tanto, anche se passeranno mesi fino al mio prossimo post, non mi corre dietro nessuno, tanto meno Enemyofthesun.

Giacomo Tessaro

lunedì 9 gennaio 2017

Inverno

Qui al nord niente neve, forse domani sera, pochina. Molto freddo però. E' decisamente la mia stagione preferita. Ma questo esula probabilmente dall'evitamento/sociofobia/introversione. O no?
Quanti amano il freddo?